Da Cristina Brocheri riceviamo A. Manzi, El loco.

A questo proposito Cristina ci scrive: “Oggi propongo un libro,letto per la prima volta da ragazzina. Mi aveva colpito,affascinato e fatto riflettere. In seguito ho riletto e regalato il libro a chi pensavo potesse avere una visione più ampia delle cose e in grado di non fermarsi solo alle apparenze. Libro tra l’altro a oggi,non facile da trovare in libreria.”


“La cittadina – se cittadina poteva chiamarsi quell’agglomerato di sette, ottocento casupole e una trentina di vere case – si trovava all’inizio del pendio che dall’altipiano scendeva per una decina di chilometri verso il passo. Una strada tortuosa di terra battuta, che saliva a fatica dal passo, serpeggiava attorno a costoni granitici; superava, su un ponte di pietra, il torrente che nasceva dal ghiacciaio accosciato alla base di tre cime altissime che dominavano tutto l’altipiano; penetrava nella cittadina e andava a morire, slangandosi a piazza, a due, tre chilometri più in alti, presso un palazzone di cemento su cui spiccava una grande scritta in rosso: COMPAGNIA MINERARIA SpA.

Dalla presentazione dell’editore:

Il protagonista di questo romanzo è proprio un “loco”, uno scemo, un pazzo o presunto tale, che risulta invece l’anima della comunità di cui fa parte, il villaggio di San Sebastian. El loco trascorre il tempo cercando di colpire un barattolo e chiamando chiunque gli pare amico a fare altrettanto, esprime la sua solidarietà, dà un aiuto concreto agli altri, ogni volta che ce ne bisogno, parla per assurdi, che però paradossi proprio non sono perché anzi dimostrano una capacità di intendere le cose, di penetrare nei cuori della gente con semplicità. Così “el loco” costringe a pensare, a rimettere tutto in discussione, a cercare in ogni occasione di ritrovare la nostra radice di uomini.

Pubblicità