Da Marco Grando riceviamo M. Jergivic, Le Marlboro di Sarajevo.
Marco ci scrive: Sono racconti scritti durante la guerra che ha posto fine alla Jugoslavia e riguardano la gente comune durante l’assedio a Sarajevo.
Come scrive Claudio Magris Jergovic è uno scrittore epico…. i racconti sono essenziali, un quadro corale di una guerra della porta accanto eppure ignorata o comunque troppo in fretta dimenticata.
Ho messo in tasca le due sigarette e sono andato all’ospedale. Il dottore mi chiede timidamente chi fosse Tadija per me. E’ un mio amico. Sono certo che lo è, ma devo dirle che voi due non potrete più conversare, fa il dottore porgendomi la mano. Nessun problema, rispondo, porgendogli carote e sigarette. Le torneranno utili, gli faccio, perché si è preso cura di Tadija. Lui trasalisce e ritrae la mano. Sorrido e insisto perché le accetti […] Seduti all’aperto su una panchina mi offre una sigaretta, l’altra se la mette in bocca. Restiamo così, intorno vanno e vengono camici insanguinati. Sa, era cancro, dice alla fine. Nessun problema, rispondo e gli racconto delle semenze, della terra, delle bianche scatole di polistirolo, dei germogli. Mi guarda con gli occhi gonfi di lacrime e annuisce.

Dalla presentazione dell’editore:
Il libro è stato scritto mentre la guerra devastava quella bellissima e composita città che è Sarajevo. Narra le storie di quei giorni, viste dalla parte degli assediati, legando una vita all’altra, la sorte di un uomo a quella di una donna, di una casa indenne a una colpita dalle cannonate.
Ne risulta un racconto corale, di amore e malinconia per una terra distrutta, ma privo di lamenti inutili, accettando l’inevitabilità della sorte e degli accadimenti. È un compendio di feroci pugni allo stomaco, in cui il conflitto balcanico fa da sfondo ai bislacchi protagonisti, sempre in bilico tra quotidianità e sopravvivenza.