Da Laura Frera riceviamo V. Ardone, Il treno dei bambini.

Laura ci scrive: “Ecco qua. Non un capolavoro, ma molto carino.”


’A ricotta… ’A ricotta.

Mariuccia mi viene a svegliare gridando. – Amerigo! Amerí… Scètati, ci sta pieno di ricotta a terra. Per la strada, sopra agli alberi, sopra alle montagne! Piove ricotta! – La notte è finita e dal finestrino arriva un po’ di sole.
– Mariú, ma quale provola e ricotta? È la neve.
– ’A neve?
– È acqua congelata…
– Come quella che vende il carretto di don Mimí?
– Una specie, ma senza l’amarena ’ncoppa.
Gli occhi mi si chiudono dal sonno. Fa freddo adesso dentro al treno. Tutte le creature stanno a guardare il bianco fuori, senza fiatare e con la bocca aperta.
– Non l’avete mai vista prima? – dice Maddalena.
Mariuccia fa di no con la testa, tutta vergognosa di aver pigliato la neve per ricotta. Per un po’ non parliamo, pare che la neve ci ha attaccato il silenzio pure a noi.
– Signurí, – dice poi il biondo senza denti, – ma quando arriviamo ci fanno mangiare qualche cosa? Io mi sto puzzando di fame, peggio che a casa mia…
Maddalena sorride. È il suo modo di rispondere alle domande. Prima sorride e poi parla. – I compagni del Nord Italia ci stanno aspettando per una grande festa, con gli striscioni, la banda e tanta roba da mangiare.
– Ma allora sono felici che noi andiamo là? – dico io.
– Non li hanno obbligati? – fa Mariuccia.
Maddalena dice che no, sono proprio contenti.
– Sono contenti che ci andiamo a mangiare le cose loro? – chiede il biondo, che non riesce a crederci. – E perché?

Dalla presentazione dell’editore:

Amerigo Speranza è l’io narrante di una storia straordinaria, dura, di un romanzo che racconta la vicenda poco conosciuta di migliaia di bambini meridionali che nel secondo dopoguerra, grazie al Partito Comunista, vennero strappati alla miseria e affidati a famiglie del Nord e del Centro.

Amerigo è povero, vive a Napoli con la madre Antonietta, figlio unico senza un padre, forse sparito in America, «a faticare». La madre decide di offrirgli l’opportunità di una vita migliore, non vuole più mandarlo a raccogliere le «pezze»; per lui desidera scuola, cibo, salute.

Il bambino parte per il Nord spaventato dalle dicerie sulle cattiverie e sulla crudeltà dei comunisti; sale sul treno per recarsi in un altrove sconosciuto dove troverà, gli hanno garantito, una famiglia affettuosa e una casa accogliente. Il romanzo di Viola Ardone «ha il pregio, davvero consolante, di raccontare la storia di un bambino in affido senza occultarne alcun aspetto. E anzi rispettando la straziante “doppiezza” della vita di Amerigo, la perdita della mamma e la sconfitta della fame, le radici recise e la nuova serenità, l’insicurezza indegna e la protezione “artificiale” imposta dall’altro e al tempo stesso provvidenziale» (Michele Serra, «la Repubblica»).