Da Paolo Coletti riceviamo J. Brokken, Il giardino dei cosacchi, Iperborea.

Paolo ci scrive: “Segnalo questo piacevole romanzo storico-letterario. Amicizia tra F.M. Dostoevskij durante periodo prigionia in Siberia e giovane barone russo di origini baltiche Alexander von Wrangel.”


<Ma tu la conosci, no?>
<Neanche per un millesimo. Conosco la sua voce, il suo aspetto in diverse circostanze. Dalle conversazioni con lei e dalle sue lettere conosco le sue ansie e le sue preoccupazioni. Conosco il suo profumo e qualche volta ho potuto abbracciarla. Tutto il resto devo ancora scoprirlo. Le persone non si aprono tanto facilmente e non lo fanno mai del tutto. Di certo nascondono con cura i loro lati più spigolosi. Col tempo spero di conoscerla come un amante conosce l’amante o come un marito la moglie. Lo spero. A volte la speranza è un’esperienza più intensa dello stesso vissuto>

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Dalla presentazione dell’editore: San Pietroburgo 1849, Fëdor Dostoevskij è davanti al plotone d’esecuzione, accusato di un complotto contro lo zar. Solo all’ultimo secondo viene risparmiato dalla morte e deportato in Siberia. Il ventenne Alexander von Wrangel, barone russo di origini baltiche, ricorda bene la scena quando qualche anno dopo è nominato procuratore della città kazaca dove Fëdor sta ancora scontando la pena, nella logorante attesa della grazia. Due spiriti affini, uniti dal fervore etico e intellettuale e innamorati perdutamente di due donne sposate: il giovane baltico della femme fatale Katja, e Dostoevskij della fragile ed eternamente infelice Marija. Confidenti, complici e compagni di sventura, Fëdor e Alexander si aggrappano uno all’altro come a un’ancora di salvezza nella desolazione siberiana, riuscendo a ritagliarsi un rifugio nel «Giardino dei cosacchi», vecchia dacia in mezzo alla steppa che diventa un’oasi di pensiero e poesia nella corruzione dell’Impero. In un appassionante romanzo «russo» basato su documenti, memorie e lettere giunte fino a noi, Brokken racconta un’amicizia che si intreccia alla storia politica e letteraria di un paese e attraverso la voce del barone Von Wrangel ricompone un ritratto intimo del grande autore ottocentesco. Un uomo «esiliato, tormentato, umiliato e risorto con le sue ultime forze», che vive la scrittura come una necessità febbrile e un’ossessiva indagine sul lato oscuro dell’animo umano, in perenne lotta con i debiti, la malattia e una vita estrema in cui riecheggiano tanti motivi dei suoi capolavori letterari.