Da Fernanda Sacchieri riceviamo:

Tove Jansson – L’onestà bugiarda
IPERBOREA 1989

Traduzione dallo svedese e introduzione di Carmen Giorgetti Cima

Pagg.67 – 68011bug_72p

“Era notte fonda quando Katri fece cenno al cane di seguirla; prese la lampadina tascabile, i guanti e il sacco delle patate e uscirono fra i mulinelli di neve. Il vento ululava dal mare sulla costa come nei migliori libri d’avventura ed era difficile trovare la strada. La torcia non era di grande aiuto, più volte Katri finì nei cumuli di neve sul bordo della strada e dovette uscirne. La cosa andava per le lunghe. Mancò la deviazione e fu costretta a tornare indietro. Il cane si accucciò al suo solito posto fuori dalla porta della cucina, ma Katri non si levò gli stivali, al contrario cercò di portarsi appresso più neve che poté da distribuire sui tappeti. Là dentro la tempesta sembrava più vicina, il vento arrivava a folate, in assalti violenti come una forza mossa da una malvagità consapevole. Katri sistemò la torcia sulla credenza dove stava allineata l’argenteria di famiglia, che lei stessa aveva lustrato, e nel sottile raggio di luce fece scivolare tutto quanto nel sacco delle patate, caffettiera, zuccheriera, bricco per la panna, samovar e coppa da dessert. Con molta cautela aprì qualche cassetto e ne rovesciò il contenuto sul pavimento. Andandosene lasciò aperta la porta della cucina. Fu un normale furto con scasso. Katri lo considerò come un atto puramente pratico senza la minima traccia di drammaticità o di scrupolo etico. Aveva semplicemente spostato una pedina che cambiava la posizione in quel gioco per il denaro e Anna non era nient’altro che un avversario che veniva posto di fronte a una nuova mossa. Giunta sulla strada principale, Katri abbandonò il sacco sul ciglio e se ne andò a casa. Per la prima volta da tanto tempo dormì cullata da sogni piacevoli, privi di senso di solitudine e di angoscia.”

L’OPINIONE DELL’EDITORE
Esiste nei rapporti umani una linea che separa la verità dall’ipocrisia, la gentilezza dall’adulazione, l’onestà dal calcolo? Esiste un modo per continuare a credere – in se stessi e negli altri – senza la protezione delle nostre menzogne vitali, degli autoinganni e delle illusioni? Nell’Onestà bugiarda due donne si incontrano. Anna Aemelin è una illustratrice di libri per bambini. Distratta, solitaria e svagata, incapace di prendere sul serio qualsiasi cosa che non sia il suo disegno, ostinatamente decisa a difendersi dalla vita ignorando ciò che la disturba, frapponendo fra sé e il mondo le sue lampade schermate, i suoi conigli a fiori, le barriere di una eccessiva cortesia, i problemi che rinvia, le decisioni che non prende, i no che non dice. Al suo opposto è Katri Kling: giovane donna volitiva e concreta, intelligente e calcolatrice, nemica delle reticenze e del caso, ossessionata da un suo senso dell’onestà e della giustizia che la induce a vedere in ogni rapporto umano un contratto da rispettare. E’ per amore di Mats, il fratellino di Katri, che la vita delle due donne si intreccia, provocando uno scontro fra due mondi inconciliabili, due modi opposti di essere che, confrontandosi, si distruggono a vicenda, minando le certezze su cui poggiano. Continua a nevicare nel romanzo: è inverno e la neve cade incessantemente sul villaggio in riva al mare, coprendo le orme dei passi appena lasciate, cancellando dal paesaggio i punti di riferimento. I segni che la vicenda traccia con apparente leggerezza su quel bianco uniforme scavano solchi profondi: il gioco della verità ci lascia un inquietante senso di insicurezza, ci sentiamo un po’ come il cane di Katri che, non capendo più che cosa ci si aspetta da lui, riprende a vagare come un lupo selvaggio nella foresta.