Da Rosa Ghislandi riceviamo R. Lewis, Il più grande uomo scimmia del pleistocene.
A questo proposito Rosa ci scrive: “Un saggio sull’evoluzione umana, condensati nella vita di un uomo scimmia e delle difficoltà che questa orda primordiale incontra per sopravvivere nelle praterie. Capitanata da Edward, grande leader : “il progresso è adattamento ed evoluzione”. Storia di una famiglia che in pochissimo tempo scopre cose che l’umanità ha fatto in milioni di anni. Tecnologia che permette di vivere meglio creando non pochi altri problemi. Vania, scimmia convinta figlio della natura critico nel progresso, in quanto immorale che teme il futuro.”
Dalla presentazione dell’editore:
«Il libro che avete fra le mani è uno dei più divertenti degli ultimi cinquecentomila anni» ha scritto Terry Pratchett. È vero, tanto tempo è passato, da quando vissero Ernest, il narratore di questo libro, con la sua ingegnosa famiglia, dal padre Edward, che fu senza dubbio «il più grande uomo scimmia del Pleistocene», a quell’amabile reazionario di zio Vania, che tornava sempre a vivere sugli alberi, a quel viaggiatore incallito dello zio Ian, per non parlare delle ragazze. Un curioso gruppetto, che si trovò, sotto la guida del grande Edward, nella delicata situazione di chi dà all’evoluzione una spinta che non si riequilibrerà mai: la spinta da cui siamo nati tutti noi. Ragionando con impeccabile acume scientifico, nonché un delizioso humour freddo, Edward e i suoi scoprirono «alcune delle cose più potenti e spaventose su cui la razza umana abbia mai messo le mani: il fuoco, la lancia, il matrimonio e così via», sempre sulla base di una elementare esigenza: quella di «cucinare senza essere cucinati e mangiare senza essere mangiati». E naturalmente non mancarono le dispute e i crucci, perché ogni volta si poteva discutere se quelle nuove invenzioni erano davvero buone o cattive, se non rischiavano di sfuggire al controllo e soprattutto se non andavano un po’ troppo contro la natura. Mah…
Pubblicato per la prima volta nel 1960, e poi ripreso più volte sotto vari titoli, questo libro si è fatto strada silenziosamente fra i classici della fantascienza a ritroso. Ma in realtà è un libro inclassificabile: una riflessione romanzesca, acutissima e leggera, su tutta la storia dell’umanità, contrassegnata in ogni dettaglio da quella limpidezza e da quell’ironia che appartengono alla migliore tradizione letteraria e scientifica inglese. Quando Théodore Monod lesse questo libro, segnalò all’autore uno o due errori tecnici, subito aggiungendo «che non importavano un accidente, perché la lettura del libro l’aveva fatto ridere tanto che era caduto da un cammello nel bel mezzo del Sahara».