Cari amici vicini e lontani, questa settimana due segnalazioni apparentemente molto diverse tra loro.

Lorenza Rappoldi con Ella Maillart, La via crudele
Stefano Piantini con Qohélet o l’Ecclesiaste nella traduzione di G. Ceronetti

Dicevo che le segnalazioni sono molto diverse tra loro solo apparentemente.

Con il resoconto del viaggio compiuto nel 1939 dalla Maillart Lorenza ci invita a scoprire la vicenda umana di due donne che all’alba della seconda guerra mondiale fanno un viaggio in macchina in Iran: la ricerca di sé si unisce a quella delle radici profonde del nostro sapere. A questo proposito Lorenza ci scrive: “Ecco un’altra segnalazione, collegata alla precedente. C’è ancora Annemarie Schwarzenbach, ma come “autista” e compagna di viaggio di Ella Maillart, scrittrice e viaggiatrice, anche lei svizzera. Partono nell’estate del 1939. Scrive Frédéric Vitoux nella prefazione: Ella Maillart aspira a tornare in Afghanistan come in un paradiso perduto, un mondo originario, semplice e armonioso dove vi è ancora spazio per quel “fattore sconosciuto chiamato divino”. Da quel luogo forse sarà possibile osservare l’Europa da una angolazione diversa per capire la causa profonda della nostra instabilità. Vi è in lei una grande calma. Al suo fianco Christina (pseudonimo di Annemarie Schwarzenbach) colpisce per la sua aria di mistero, di inquietante fragilità. Chi è? Creatura straordinaria, affascinante, enigmatica, giornalista trascurata, scrittrice senza dubbio poco apprezzata, trait d’union tra intellettuali, culture, civiltà; figura dal tragico destino.” La Maillart, quindi, velista, scalatrice, esploratrice, donna forte, aperta, diretta, si unisce ad Annemarie Schwarzenbach, scrittrice, fragile, morfinomane. Non è la prima volta che la Maillard viaggia. Lo ha fatto dal 1930 in poi visitando sola o in coppia Mosca, il Turkestan russo e la Cina. Da ogni viaggio è nato un libro. Questa volta la storia è in parte diversa perché diverso e complicato è il carattere della sua compagna. Per questo il viaggio si trasforma, in parte, in una discesa nelle profondità dell’anima individuale e sociale di noi europei.

Stefano, invece, ci ricorda uno dei poemi più compiutamente potenti mai scritti, nella traduzione sofferta (e più volte rivista) di Guido Ceronetti. A questo proposito Stefano scrive: “Questo capolavoro poetico è contenuto nell’Antico Testamento, dunque nella Bibbia ebraica e cristiana. Chi sia stato l’Ecclesiaste ancora non è noto. Testo di una bellezza, profondità e intelligenza fulminanti. E’ stato scritto nel primo secolo avanti cristo, sembra scritto oggi. La Poesia moderna gli deve moltissimo, da Pound a Dylan, da Eliot ai Byrds (il loro celeberrimo pezzo “Turn, Turn, Turn” è una citazione dal Qoelet, parola per parola). Da leggere, a mio parere, nella superba e sofferta versione di Ceronetti.” Anche in questo caso, quindi, un ritorno, una discesa all’origine della nostra cultura. Come dicevo la traduzione di Ceronetti è stata più volte rivista, fino alla sua morte. L’edizione qui segnalata è quella nella collana Poesia di Einaudi nella sua versione più datata. Einaudi stessa ne pubblicò una nuova versione ed oggi Adelphi ne pubblica l’ultima corredata dalle note che ne testimoniano la complessità. Un saggio di Ceronetti stesso completa questo volume.

buone letture