Da Marco Grando riceviamo J. Cortàzar, Rayuela
Marco ci scrive: “Forse i lettori di Primailettori lo conosceranno già, è un capolavoro della letteratura sudamericana del 900. Qualcuno lo ha paragonato all’Ulisse di Joyce. Certo è che, scritto nel 1963, fece un gran scalpore perché è un libro destrutturato: si può leggere come un qualsiasi libro dal primo capitolo e finisce al capitolo 56. Altrimenti si può leggere partendo dal capitolo 73 seguendo l’ordine indicato nella tavola di inquadramento. Capolavoro dell’argentino Julio Corta’zar, Rayuela, è un libro finissimo.”
“Tocco la tua bocca, con un dito tocco l’orlo della tua bocca, la sto disegnando come se uscisse dalle mia mani, come se per la prima volta la tua bocca si schiudesse, e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, ogni volta faccio nascere la bocca che desidero, la bocca che la mia mano sceglie e ti disegna in volto, una bocca scelta fra tutte, con sovrana libertà scelta da me per disegnarla con la mia mano sul tuo volto, e che per un caso che non cerco di capire coincide esattamente con la tua bocca che sorride sotto quella che la mia mano ti disegna.”

Dalla presentazione dell’editore:
«Contro-romanzo», «cronaca di una follia», «il buco nero di un enorme imbuto», «un grido di allerta», «una specie di bomba atomica», «un appello al disordine necessario»: con queste e altre espressioni venne salutato al suo apparire, nel 1963, Rayuela, uno dei capolavori del Novecento che ha cambiato la storia del romanzo e la vita delle persone che lo hanno letto.
In una Parigi popolata da affittacamere xenofobe, intellettuali male in arnese, pianiste patetiche, scrittori distratti facili vittime di incidenti stradali, l’eterno studente argentino Horacio Oliveira si muove attraverso la città e l’esistenza come attraverso le caselle del «gioco del mondo». Un percorso dalla terra al cielo, da Parigi a una Buenos Aires grottesca alla ricerca del Centro, della vera vita e soprattutto di Lucía, «la Maga», inconsapevole depositaria di ogni mistero e pienezza, l’unica che non dimentica che, in fondo, «per arrivare al Cielo servono solo un sassolino e la punta di una scarpa».