Da Maria Sabidussi riceviamo S. Ganzitti, La guerra di Lia.

Maria ci scrive: “Pura anima e spirito friulano! “


“Quando stava via la notte, io lo sognavo, mio padre. Lo vedevo prendere i sentieri nascosti fra gli alberi fitti, poggiare le mani sui tronchi e aiutarsi a salire mentre scivolava sul pietrisco. Sentivo il vento sferzare, schiaffeggiare la sua pelle, il freddo entrare dalle mani e la paura”….” (pag. 125)

Dalla presentazione dell’editore:

Buja, 1940-1945.
È il racconto di Lia, figlia sedicenne di Bartolo e Tina. La collina del Belvedere è il punto privilegiato delle sue riflessioni, nell’intrico di cespugli e nel fitto degli alberi — testimoni dei passaggi notturni — e nelle sue visioni del Nord, dove le montagne sono le fortezze della Resistenza.
Dell’arrivo della guerra non ci si accorge subito. È un lento srotolarsi di cambiamenti in peggio, con la miseria che sale e abbruttisce musi e animi. La campagna inaridita fatica a restituire frutti in cambio di sudore e il paese sembra sprofondare in un silenzio vischioso, cupo, dove poche voci impartiscono ordini in una lingua straniera.
Bartolo non sa cosa pensare, di chi fidarsi. Difendere la famiglia e la terra è il suo primo pensiero, eppure comprende che sotto quel vuoto di parole c’è qualcosa che brulica. Dapprima incerte, le sue domande lo aiutano a raccapezzarsi su quello che gli sta accadendo intorno: è uno scenario inquietante, nel quale Buja è solo uno dei tanti luoghi attraversati da cavalli cosacchi e dai loro carriaggi.