Da Fernanda Sacchieri riceviamo, per il concorso La Città del cuore, O. Fallaci, Penelope alla guerra, Bur.

Fernanda ci scrive: “La Fallaci è una donna che con i suoi scritti mi affascina e coinvolge emotivamente. “

“Andiamo, Giovanna. Ci vuole mezz’ora per raggiungere l’aeroporto” rispose serio Francesco. Poi sollevò le valige, quasi non pesassero nulla,
le caricò sull’automobile, sedette al volante, partirono. Roma bruciava di sole, quel giorno, e le cupole sembravano più tonde che mai dentro il sole, le foglie più verdi, la dolcezza più dolce. Ma lei partiva senza rammarico perché erano ventisei anni che mangiava cupole e verde e dolcezza
e ormai aveva fame di grattacieli, di grigio, di guerra.
“Francesco, come credi che sia l’America?”
“Come nei libri e al cinematografo.”
“Io, no. Io credo che l’America sia molto diversa da quello che dicono i libri o si vede al cinematografo. Chissà perché, ma io penso all’America con la stessa fiducia di chi debba trovarci un miracolo. Dev’essere una terra divorante, da guardare con gli occhi di Alice nel paese delle Meraviglie: con la gente che vola come le rondini tra i grattacieli, le case che sfiorano le nuvole, i ponti sottili come aghi d’argento…”

“Chi, ti ha raccontato queste sciocchezze?”
“Un americano che conobbi tanti anni fa. Perché sciocchezze? Potrebbe anche essere vero.”
“Sai, Giovanna: ogni paese è bello o brutto a seconda dello stato d’animo con cui lo vedi. Se sei felice, anche Abadan ti sembra un’opera d’arte. Se non lo sei, perfino Venezia ti sembra volgare. E poi, ricordalo: l’America non è esattamente un paese. E’ uno stato d’animo, un’epoca. Tutt’al più, l’espressione di un’epoca.”
Francesco, come credi che siano gli americani in America?”
“Come qui. E come noi. Belli, brutti, coraggiosi, vigliacchi. Socialmente parlando la mia teoria è molto semplice: noi siamo un popolo di
intelligenti guidati da un gruppo di mediocri, loro sono un popolo di mediocri guidati da un gruppo di intelligenti.”

Dalla presentazione dell’editore:

La prima opera narrativa di Oriana Fallaci: la storia di una donna che, straniera a New York, non esita a sfidare le convenzioni (e le ingiustizie) di una società maschilista. Penelope che non si rassegna al ruolo domestico di chi tesse la tela aspettando il ritorno di Ulisse, ma, Ulisse lei stessa, Giò viaggia alla ricerca della sua identità e della sua libertà. Si disfa con freddezza della sua verginità, si innamora con ribellione di un uomo debole e incerto che si rivela omosessuale, affronta con coraggio il triangolo in cui si trova coinvolta da Richard (l’uomo che ama) e Bill (l’uomo amato da Richard). Dieci anni dopo, il volto di Giò, la protagonista di questo romanzo, potrebbe essere quello dell’io narrante di “Lettera a un bambino mai nato”.