Da Grazia Pietrini riceviamo E. Ferrante, L’amica geniale, Edizioni E/O
Grazia ci scrive: “Poi c’è Elena Ferrante con il mistero su chi sia davvero l’autore/autrice dei suoi libri, se scritto a più mani e la discussione sulla centralità dell’opera rispetto all’autore o personaggio pubblico. La saga di 4 romanzi da divorare uno dietro l’altro (L’amica geniale, Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta e Storia della bambina perduta) offre una magnifica rassegna sulla Napoli “nuda e cruda” dagli anni ’60s fino quasi ai giorni nostri, con sullo sfondo le vicende politiche di quegli anni in Italia e qualche accenno sull’Europa.”
“…. Una mattina bussò il bidello e l’annunciò. Subito dopo entrò Nunzia Cerullo, irriconoscibile. Lei, che come la gran parte delle donne del rione viveva arruffata in ciabatte e vecchi abiti consunti, comparve in abito da cerimonia (matrimonio, comunione, cresima, funerale), tutta scura, una borsetta nera luccicante, scarpe con un po’ di tacco che le tormentavano i piedi gonfi, e offrì alla maestra due sacchetti di carta, uno con lo zucchero e uno col caffè.
La maestra accettò di buon grado il dono e disse a lei e a tutta la classe, guardando Lila che invece fissava il banco, frasi il cui senso generale mi disorientò. Eravamo in prima elementare. Stavamo appena imparando l’alfabeto e i numeri da uno a dieci. La più brava in classe ero io, sapevo riconoscere tutte le lettere, sapevo dire uno due tre quattro eccetera, ero di continuo lodata per la calligrafia, vincevo le coccarde tricolori che cuciva la maestra. Tuttavia la Oliviero, a sorpresa, sebbene Lila l’avesse fatta cadere mandandola all’ospedale, disse che la migliore tra noi era lei. Vero che era la più cattiva. Vero che aveva fatto quella cosa terribile di tirare pezzi di carta assorbente sporchi di inchiostro addosso a noi. Vero che se quella bambina non si fosse comportata così indisciplinatamente, lei, la nostra maestra, non sarebbe caduta dalla cattedra ferendosi allo zigomo. Vero che era costretta a punirla di continuo con la bacchetta di legno o mandandola in ginocchio sul grano duro dietro la lavagna. Ma c’era un fatto che, in quanto maestra e anche in quanto persona, la riempiva di gioia, un fatto meraviglioso che aveva scoperto qualche giorno prima, casualmente.
Qui si fermò, come se le parole non le bastassero o come se volesse insegnare alla madre di Lila e a noi che quasi sempre, più delle parole, contano i fatti. Prese un pezzo di gesso e scrisse alla lavagna (ora non mi ricordo cosa, non sapevo ancora leggere: quindi la parola la invento) sole. Poi chiese a Lila:
«Cerullo, che c’è scritto qui?».
Nell’aula cadde un silenzio incuriosito. Lila fece un mezzo sorrisetto, quasi una smorfia, e si gettò di lato, tutta addosso alla sua compagna di banco, che diede molti segni di fastidio. Poi lesse con tono imbronciato:
«Sole».
Nunzia Cerullo guardò la maestra, e il suo sguardo era incerto, quasi spaventato. La Oliviero lì per lì sembrò non capire come mai in quegli occhi di madre non c’era il suo stesso entusiasmo. Ma poi dovette intuire che Nunzia non sapeva leggere o che comunque non era sicura che alla lavagna fosse scritto proprio sole, e si accigliò. Quindi un po’ per chiarire la situazione alla Cerullo, un po’ per lodare la nostra compagna, disse a Lila:
«Brava, c’è scritto proprio sole».

Dalla presentazione dell’editore:
Care lettrici, cari lettori, provate a leggere questo libro e vorrete che non finisca mai.
Elena Ferrante, con il suo nuovo romanzo, torna a sorprenderci, a spiazzarci, regalandoci una narrazione-fiume cui ci si affida come quando si fa un viaggio con un tale piacevole agio, con un tale intenso coinvolgimento, che la meta più è lontana e meglio è. L’autrice abbandona la piccola, densa storia privata e si dedica a un vasto progetto di scrittura che racconta un’amicizia femminile, quella tra Lila Cerullo ed Elena Greco, dall’infanzia a Napoli negli anni Cinquanta del secolo scorso fino a oggi.
L’amica geniale comincia seguendo le due protagoniste bambine, e poi adolescenti, tra le quinte di un rione miserabile della periferia napoletana, tra una folla di personaggi minori accompagnati lungo il loro percorso con attenta assiduità.
L’autrice scava intanto nella natura complessa dell’amicizia tra due bambine, tra due ragazzine, tra due donne, seguendo passo passo la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i buoni e i cattivi sentimenti che nutrono nei decenni un rapporto vero, robusto. Narra poi gli effetti dei cambiamenti che investono il rione, Napoli, l’Italia, in più di un cinquantennio, trasformando le amiche e il loro legame. E tutto ciò precipita nella pagina con l’andamento delle grandi narrazioni popolari, dense e insieme veloci, profonde e lievi, rovesciando di continuo situazioni, svelando fondi segreti dei personaggi, sommando evento a evento senza tregua, ma con la profondità e la potenza di voce a cui l’autrice ci ha abituati…
Non vogliamo dirvi altro per non guastare il piacere della lettura.
Dicevamo che L’amica geniale appartiene a quel genere di libro che si vorrebbe non finisse mai. E infatti non finisce. O, per dire meglio, porta compiutamente a termine in questo primo romanzo la narrazione dell’infanzia e dell’adolescenza di Lila e di Elena, ma ci lascia sulla soglia di nuovi grandi mutamenti che stanno per sconvolgere le loro vite e il loro intensissimo rapporto. La storia si dipana nei volumi successivi, per raccontarci la giovinezza, la maturità, la vecchiaia incipiente delle due amiche.
Godiamoci dunque anche questo altro tratto, che è costitutivo del vero lettore: il piacere assaporato e poi dilazionato, l’attesa del seguito, la speranza, tra le tante amarezze di oggi, di un po’ di dolce nel prossimo futuro.
Buona lettura,
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