Da Fernanda Sacchieri riceviamo:
ORIANA FALLACI – LA RABBIA E L’ORGOGLIO – RIZZOLI Editore – 2002
Pag. 7
AI LETTORI
Io avevo scelto il silenzio. Avevo scelto l’esilio. Perché in America, è giunta l’ora di gridarlo chiaro e tondo, io ci sto come un fuori-uscito. Ci vivo nell’auto-esilio politico che contemporaneamente a mio padre mi imposi molti anni fa. Ossia quando entrambi ci accorgemmo
che vivere gomito a gomito con un’Italia i cui ideali giacevano nella spazzatura era diventato
troppo difficile, troppo doloroso, e delusi offesi feriti tagliammo i ponti con la gran maggioranza dei nostri connazionali. Lui, ritirandosi su una remota collina del Chianti dove la politica alla quale aveva dedicato la sua vita di uomo integerrimo non arrivava. Io, vagando per il mondo e poi fermandosi a New York dove tra me e la politica di quei connazionali c’era l’Oceano Atlantico. Tale parallelismo può apparire paradossale: loso. Ma quando l’esilio alberga in un’anima delusa offesa ferita, credimi, la collocazione geografica non conta. Quando ami il tuo paese (e a causa del tuo paese soffri) non v’è alcuna differenza tra fare il Cincinnato su una remota collina del Chianti assieme ai tuoi cani, i tuoi gatti, i tuoi polli, e fare lo scrittore in una metropoli affollata da milioni di abitanti. La solitudine è identica. Il senso di sconfitta pure.