Ramsis Bentivoglio ci manda la sua recesione del libro Il ragno nero di Gotthelf.
Ho scoperto, con mio grande piacere, un racconto di uno dei pochi scrittori svizzeri degni di nota, Jeremias Gotthelf, pseudonimo di Albert Bitzius (1797-1854).
Ammetto che ne ignoravo l’esistenza, ma questo suo romanzo breve è da annoverare tra i classici horror del XIX secolo, ispiratore, a nostro dire, di It di Stephen King.
Il protagonista è il ragno nero che sconvolge la tranquillità di un villaggio svizzero di inizio Ottocento.
Per un patto col diavolo non mantenuto, questo scatena contro i popolani la sua ira e la sua maledizione: un ragno nero che semina morte come la peste.
Qui, il patto col diavolo, consiste nel dargli un neonato non battezzato, ma se dapprima gli abitanti del villaggio accettano, poi ne sono spaventati e cercano in tutti i modi di ingannare il diavolo. Ovviamente le cose vanno malissimo, fino al sacrificio di una donna.
Gotthelf, per chi non lo sapesse, era un fervente cattolico e questo racconto ne esprime fortemente la sua fede.
A volte un po’ moralista, a volte un po’ vittima della superstizione dato dal fervore religioso, Gotthelf, nonostante tutto, riesce a imbastire una storia horror macabra e cruda. Infatti, non si risparmiano truculenze e scene splatter.
Non sappiamo dire da dove venga il patto col diavolo in cambio di un neonato battezzato, perché lo stesso Mefistofele di Faust, quasi contemporaneo, cercava l’anima del disperato al quale offriva i suoi servigi.
Sicuramente il ragno ha valenza negativa, fin dai miti greci. Aracne aveva sfidato Atena ed era stata condannata alla forma di ragno.
Oggi il ragno, per quanto si dica porti bene, rimane, nell’inconscio collettivo, un simbolo del male, e IT ne è la prova. Che King l’abbia letto? Sempre di King c’è da citare LA TEMPESTA DEL SECOLO, esempio più evidente di patto col diavolo.
Rimanendo col dubbio, intanto possiamo leggerlo noi!
Dalla presentazione dell’editore:
Nel corso della sua attività di scrittore Jeremias Gotthelf non si allontanò mai dal paese di Lützelflüh, vicino a Berna. E le sue storie si svolgono spesso fra anguste e selvatiche valli della Svizzera tedesca, senza che lo sguardo si spinga oltre. Eppure, pochi narratori moderni hanno un respiro epico paragonabile, per vastità e vigore, a quello di Gotthelf. Fra i suoi racconti Il ragno nero spicca come il più conosciuto e celebrato – e sono in molti a considerarlo uno dei più belli che mai siano stati scritti. Tale è la forza delle sue immagini che Canetti ebbe a dire: «Lessi Il ragno nero e mi sentii perseguitato, come se quel ragno si fosse annidato nel mio viso». Un punto è evidente: nel Ragno nero, che si apre come una storia di battesimi di paese, l’inconscio esige per la prima volta il ruolo di protagonista e appare alla luce gettando nel panico chi lo percepisce. E il terrore che si genera è tanto più intenso in quanto non si configura all’interno di una cornice che presenta tutti i connotati del fantastico, ma al contrario interviene e agisce nell’ambito di un mondo quieto, ordinato, solerte, sullo sfondo di una natura che sembra ignara del male.