Da Mara Cappelletti riceviamo J.G.Ballard, L’isola di cemento.

“Un’auto della polizia avanzava lentamente sull’autostrada; il passeggero scrutava l’erba alta. Al sicuro nel suo padiglione, Maitland aspettò che fossero passati. Quando l’auto si fu allontanata si alzò in piedi e abbracciò l’isola con uno sguardo pieno di fiducia. La fame gli faceva girare la testa, ma era calmo e padrone di sé. Avrebbe raccolto il cibo attraverso la rete metallica…. e forse, in omaggio al vecchio acrobata, ne avrebbe lasciata una porzione simbolica sulla sua tomba.”

Dalla presentazione dell’editore:

Quasi un adattamento postmoderno di Robinson Crusoe, con echi anche della “Tempesta” shakespeariana, “L’isola di cemento” narra del naufragio del protagonista Robert Maitland su un’isola di fabbricazione umana. Maitland è un uomo ricco, vive una vita borghese con tanto di moglie, figlio e amante. Ma un giorno, d’improvviso, dopo un tremendo incidente mentre è alla guida della sua splendida Jaguar, si ritrova imprigionato sullo spartitraffico dell’autostrada. Incapace di sfuggirne, deve trovare il modo di sopravvivere lì, ai confini dell’universo umano in un ambiente alieno e al di là della civiltà, e tutto quel che ha per farlo è quanto gli è rimasto dell’auto distrutta. Ma, via via che la situazione precipita, Maitland si adegua alla sua nuova condizione, scopre in sé una diversa consapevolezza e si convince che la sua nuova esistenza potrebbe non essere peggiore della precedente. Va avanti perciò nella scoperta dell’isola, con i suoi segreti e relitti del passato, con i suoi abitanti. Nell’Isola di cemento si ritrova il tema ricorrente nella poetica ballardiana dell’alienazione prodotta dalla tecnologia e dalla contemporaneità, che può spingere a preferire la sopravvivenza in condizioni estreme pur di ritrovare una libertà perduta nella società disumanizzata.