Da Sandro Frera riceviamo Y. Kawabata, Il paese delle nevi.

“Il filo di lino, più leggero del pelo di un animale, è difficile a lavorarsi se non nell’umido della neve, si dice, e la buia e fredda stagione è quindi ideale per la tessitura. Gli antichi dicevano, inoltre, che la proprietà di questo prodotto del freddo di tenere fresca la pelle nella stagione più calda era un effetto del principi della luce e del buio. Anche Komako, che era così legata a lui, sembrava essere fatta di gelo, e il suo forte, concentrato calore era per questo ancora più commovente.
Ma questo amora non avrebbe lasciato dietro di sé niente di così duraturo come una pezza di Chijimi. Benché tra i prodotti artigianali il tessuto per biancheria sia quello che si consuma più rapidamente, una buona pezza di Chijimi, se tenuta a dovere, può essere indossata come nuova un mezzo secolo e più dopo la tessitura. Mentre Shimamura pensava distrattamente che i rapporti umani non resistono neppure altrettanto, l’immagine di Komako, madre dei figli di un altro uomo, si presentò all’improvviso innanzi ai suoi occhi. Si guardò attorno inquieto. Forse era stanco.”

Dalla presentazione dell’editore:

Komako è una geisha del “paese delle nevi”, un paradiso termale sulla costa ovest della maggiore isola del Giappone, dove la neve è alta quindici piedi. Le cortigiane come lei hanno poco in comune con quelle che abitano in città: non potranno mai diventare famose musiciste o danzatrici, né penetrare tra le quinte della politica o degli affari. Il loro destino, infatti, è quello di maturare tra gli incanti e la corruzione del “paradiso”, perpetuamente dedite ai signori che, secondo la tradizione, salgono alle terme per trovarvi il riposo perfetto. Ed è proprio in questo paesaggio da sogno che Komako incontra Shimamura, un ricco e raffinato esteta, con il quale darà vita a un gioco di trasporti trattenuti e rinfocolati, inesorabilmente destinati a svanire. Capolavoro di inesprimibili e struggenti stati d’animo, Il paese delle nevi può essere considerato un piccolo poema in prosa, dove amore e morte si intrecciano in un’atmosfera di diffusa malinconia e incombente tragedia.