Da Marco Cortini riceviamo A. Rashid, Talebani.

Eccezionalmente due citazioni.

“Siamo molto grati ai talebani – mi dice mentre sarchia il suo campo Wali Jan, un vecchio contadino sdentato che prosegue – i talebani ci hanno portato sicurezza e così possiamo coltivare in pace i papaveri. Io ho bisogno del raccolto di papaveri per mantenere i quattordici membri della mia famiglia.”

“L’intera popolazione afgana è stata sfollata non una, ma numerose volte. La distruzione totale ha trasformato Kabul nella Dresda di fine secolo. Il crocevia dell’Asia sull’antica Via della seta è oggi ridotto a chilometri di macerie. Non c’è un’ombra di sovrastruttura in grado di sostenere una società nemmeno al minimo denominatore della povertà. Nel 1998 l’Icrc ha riferito che il numero di famiglie afgane guidate da una vedova ha raggiunto le 98.000 unità, quello delle famiglie guidate da un disabile le 63.000 unità e che solo in quell’anno 45.000 persone sono state curate per ferite da guerra. Per quelli uccisi non c’è neppure una stima. Le uniche fabbriche produttive del paese sono quelle in cui le organizzazioni umanitarie producono arti artificiale, grucce e sedie a rotelle.”

Dalla presentazione dell’editore:

La scalata al potere dei Talebani, il loro impatto sull’intera regione dell’Asia Centrale, il loro ruolo nelle strategie delle grandi compagnie petrolifere, il mutamento della politica estera americana. Oltre a definire questi aspetti che sono al centro di un’attenzione planetaria, Ahmed Rashid disegna con efficacia l’attuale volto del fondamentalismo islamico (con un importante riferimento a Osama Bin Laden) e spiega perché proprio l’Afghanistan sia diventato il punto-cardine del terrorismo mondiale. Dopo avere ripercorso gli avvenimenti storici che hanno portato alla cosiddetta rivoluzione afghana del 1973, l’autore analizza il movimento dei Talebani sotto diverse angolazioni (l’interpretazione del Corano, le politiche sociali, il coinvolgimento nel commercio dell’oppio, il rapporto con Bin Laden) per descrivere infine gli scenari più nascosti del “grande gioco” della politica internazionale, con protagonisti noti (Russia, Iran, Stati Uniti, Pakistan) e meno noti (Arabia Saudita e Argentina). Il libro unisce la scorrevolezza del buon giornalismo di scuola anglosassone al rigore di una ricostruzione giocata su diversi piani (storico, economico, etnico e geopolitico) ed è uno strumento indispensabile di comprensione e di aggiornamento.