Da Marco Andreoli per il concorso Recensioni riceviamo J. Niven, A volte ritorno.
Marco scrive:
“Siamo in Paradiso. Un Paradiso un po’ diverso rispetto a quello che normalmente pensiamo, dove ci si diverte, si fanno feste, si fumano spinelli, si suona la chitarra, si ascolta del buon rock e si parla in modo diretto, moderno e a volte anche scurrile.
Un Paradiso dove vengono ben accettati i gay e le lesbiche, dove l’amore è libero, dove non si condannano i medici abortisti che operano in caso di stupro delle giovani donne, dove si combattono i falsi profeti e si criticano le scelte retrograde del Papa e della Chiesa.
Dopo una settimana di vacanza – equivalente a circa 400 anni del tempo terreno – Dio torna negli uffici del Paradiso e scopre che dai tempi del Rinascimento, quando cioè era partito, ad oggi, la situazione sulla terra è diventata catastrofica.
Dio è furibondo: “Che cazzo stà succedendo sulla terra?”
L’unica soluzione è rispedire quello strampalato di suo figlio Gesù Cristo sulla terra, al fine di rimettere un po’ in ordine le cose.
E Gesù, dopo essersi fatto amico di un gruppo di giovani drogati e disadattati di New York, riesce a raggiungere la ricchezza e la notorietà partecipando come cantante e chitarrista, più per gioco che per convinzione, a un programma di “talent show” televisivo.
Nel predicare, con l’aiuto del mezzo televisivo, l’unica vero comandamento dettato da Dio – “fate i bravi” – Gesù Cristo coi soldi guadagnati apre una comune in un luogo disperso nel bel mezzo delle campagne del Texas, e lì vive assieme a tutti gli stampalati della terra che vogliono unirsi a lui e al “progetto divino”.
La storia prosegue, in un racconto dissacrante, verso il raggiungimento del fine ultimo, ma così come terminò sulla croce la prima apparizione in terra di Gesù Cristo, la seconda non avrà miglior fine.

Dalla presentazione dell’editore:
Dopo una settimana di vacanza che sarebbero cinque secoli di tempo terrestre, Dio torna in ufficio, ancora col cappello di paglia e la camicia a quadri. Era andato in vacanza, a pescare, in pieno Rinascimento, quando i terrestri scoprivano un continente alla settimana, e sembrava andasse tutto a gonfie vele. Al suo ritorno però, il quadro che gli fanno i suoi ha del catastrofico: il pianeta ridotto a un immondezzaio, genocidi come se piovesse, preti che molestano i bambini… Dio non è solo ultradepresso. Anche molto incazzato. L’unica soluzione, pensa, è rispedire sulla Terra quello strafatto di suo figlio. – Sei sicuro sia una buona idea? – gli chiede Gesú. – Non ti ricordi cosa è successo l’altra volta? – Ma Dio è irremovibile. Cosí Gesú Cristo piomba a New York, tra sballoni e drop out di ogni tipo. E cerca, come può, di dare una mano agli sfigati della terra. Il ragazzo non sa fare niente, eccetto suonare la chitarra. E riesce a finire in un programma di talenti alla tv. Un gran bel modo per fare arrivare il suo messaggio a un sacco di gente. Ma, come già in passato, anche oggi chi sta dalla parte dei marginali non è propriamente ben visto dalle autorità.
Quand’è che le cose hanno cominciato ad andare a puttane? Colpa di Mosè, forse. Quel falsario. Uno dei primi a cedere al protagonismo. Quando era arrivato in cima al Sinai e aveva messo gli occhi su quell’unica tavola perfettamente cesellata – le parole «FATE I BRAVI» incise nell’elegante corsivo inglese di Dio – aveva dato fuori di matto. Tutto quel can can e lui doveva, cosa?, scendere e dire: «Ehi ragazzi, fate i bravi! Be’, non c’è altro. In bocca al lupo per tutto»? Col cazzo. E cosí quel figlio di mignotta si era messo sotto con lo scalpello. Quaranta sudati giorni di lavoro su quella sequela di minchiate. Quella stronzata del «Non desiderare la donna d’altri»? Tipico di Mosè. (Quante pedate nel culo s’era beccato quand’era arrivato qui? Dio gli aveva assestato la prima appena quel coglione aveva varcato la soglia, e aveva smesso solo nei Secoli Bui: almeno un centinaio d’anni. Alla fine ci aveva le chiappe che sembravano due barbabietole bollite). Poi di male in peggio. L’interpretazione. La fiera del «Io-credo-di-sapere-cosa-voleva-dire- Dio». Sbadabum: un millennio dopo qualche sciroccato taglia la gola ai neonati e se li getta alle spalle perché crede di avere Dio dalla sua parte. Cosa cazzo c’era da interpretare in «FATE I BRAVI»? La stessa, identica domanda che Dio aveva ripetuto per secoli, mentre prendeva a pedate Mosè. In ogni caso, ormai la frittata è fatta, pensa Dio con un sospiro, mentre si rende conto della piega che stanno prendendo i Suoi pensieri. Qualcuno avrebbe dovuto rispiegare al genere umano cosa significa «FATE I BRAVI».