Premiazione Prima i Lettori.

Una delle prime regole che mi insegnarono a scuola è che un discorso non inizia mai con la congiunzione “e”. Dicevano, giustamente, che la congiunzione serve, come dice la parola stessa, a congiungere, ad unire e quindi se stai iniziando in quel momento un discorso cosa vuoi o puoi unire? Nulla. Ecco, appunto e quindi non va, non si fa. E’ vietato.

In questo caso, però, la congiunzione “e” è la più indicata. E già perché il motivo della nostra riunione di oggi è la prosecuzione di una storia iniziata quasi dieci anni fa. E allora, eccoci qua a dire:

E anche quest’anno, dopo la clausura della pandemia, siamo qui a festeggiare i vincitori di Prima i Lettori.

Le edizioni da premiare sono due. L’ottava e la nona. Che significano 192 libri segnalati, principalmente romanzi e racconti, ma anche saggi e poesia ambientati in circa 60 nazioni diverse.

Sono stati segnalati autori europei, americani (nel senso più lato possibile), qualche giapponese e rari medioorientali o orientale. Mancano all’appello l’Africa e larga parte dell’Asia e data la voracità dei partecipanti a Prima i Lettori mi viene da pensare che l’editoria nostrana e occidentale in genere snobbi quelle provenienze, dato che l’ipotesi alternativa di una mancanza assoluta di letteratura di livello proveniente da quelle parti del mondo mi pare irrealistica. Forse ce la raccontiamo un po’ su, ma questo è un discorso che poco importa qui.

Impossibile dar conto di tutti i titoli in questo breve spazio, anche se poi un po’ ve li dirò, e anche se fosse possibile l’operazione diverrebbe un mortifero elenco di titoli e nomi senza spessore. Per chi desiderasse avere l’elenco completo ci sono in giro stampe che per ciascuna edizione indicano partecipanti e titoli.

Concentriamoci, per prima cosa, quindi sui vincitori e sui libri che hanno destato maggiore interesse.

La vincitrice dell’ottava edizione è Rosa Ghislandi dopo un’appassionante battaglia a colpi di preferenze con Martina dei Cas. Le votazioni per l’ottava edizione hanno battuto il record di click che risaliva al 2014 raggiungendo complessivamente più di 4.400 voti.

Rosa, che partecipa a Prima i Lettori da qualche anno, nell’ottava edizione ha segnalato otto diversi titoli. Tra questi quello che ha avuto maggiori riscontri, segnalato con altre pagine anche da Anna Valentini e Alessandra Ferrari, è stato il romanzo storico della Auci I leoni di Sicilia, storia dell’ascesa della famiglia Florio. A questo proposito Rosa ci aveva scritto:

“Chi ti dà da fare non patisce “. Il lavoro è lo strumento per fare la scalata sociale, ma superata la concorrenza ancora il loro “sangue puzza di sudore”. Oltre alle difficoltà di togliersi di dosso l’etichetta di “facchini”, il vero nemico è non avere il sangue aristocratico; ed ecco la ricerca di matrimoni importanti e giochi di società. Gli uomini della famiglia Florio hanno bisogno di avere accanto donne eccezionali, pronte a sacrificare sentimenti, amore nel rispetto delle regole che sono tenute ad osservare. Giuseppina e Giulia sono donne diverse entrambe alla mercé delle scelte maschili, manovrate da uomini con relazioni complicate, ma che diventano porto sicuro e roccia inattaccabile. Vincenzo, figlio di Paolo e Giuseppina, non eccelle in simpatia, caparbio nella sua spinta imprenditoriale e comunque sempre coerente. Vicende personali e vicende storiche s’intrecciano nella vita dei protagonisti e sullo sfondo di anni inquieti per lo Stato Italiano dai moti del 1818 allo sbarco di Garibaldi in Sicilia.

La seconda classificata è stata, si diceva, Martina dei Cas, che nell’ottava edizione ha segnalato di Niccolò D’Aquino La tenda blu. In Etiopia con le armi della solidarietà. Il testo inviato è questo:

“Era arrivata una bambina, stava davvero male. All’ospedale il medico, senza nemmeno alzarsi dalla sedia e avvicinarsi, disse: “E’ morta”. “Non è morta: il cuore batte”. “Allora provi a curarla lei”. Mi infuriai: “Questi sono i vostri bambini! Curate i militari e non i vostri bambini?”. E lui, freddo: “Vede, Sorella: un soldato ci mettiamo venti anni a farlo. Un bambino lo facciamo quando vogliamo”. Volevo fulminarlo. Mi portai indietro la bambina, alla missione. E con le altre sorelle a turno, l’abbiamo alimentata. Svuotammo la bottiglietta di un collirio, diluimmo il latte in polvere in proporzione di uno a tre, aggiungemmo del glucosio. E ogni pochi minuti, con un contagocce, la facevamo mangiare. Abbiamo passato quarantotto ore così. Alla fine la bambina aprì gli occhi. Continuammo a nutrirla. Ed è viva.”

Questo è il libro che nella lunga storia di Prima i Lettori ha avuto il maggior riscontro con più di 2.600 visite. Per questo abbiamo ritenuto corretto segnalarvelo, ancorché Martina non abbia vinto.

Passando alla nona edizione, qui i vincitori sono stati tre: Matteo Marangoni come lettore dell’anno, Rita Bompadre come migliore recensione e, di nuovo, Rosa Ghislandi per il concorso Foto Leggere.

Sgombriamo subito il campo dal concorso Foto Leggere (di cui potete ammirare alcune stampe in giro per la sala) ricordando che questo concorso, che riproporremo nella prossima edizione, ha come oggetto fotografie che ritraggono gente che legge, ma anche libri o copertine di libri ritratte in maniera particolare o buffa o ancora eventi in librerie, presentazioni di libri eccetera, eccetera.

Quest’anno ha vinto la foto di Rosa che ritrae un giovane lettore appollaiato su di un tetto, a dimostrazione che non esistono luoghi deputati alla lettura, ma che il piacere del leggere può coglierci ed essere colto ovunque.

Matteo Marangoni, vincitore del premio lettore dell’anno, segna due discontinuità: la prima che ha segnalato solo poesia e la seconda è che è la prima volta che vince un concorrente e non una concorrente.

Mentre della seconda discontinuità poco importa, della prima, invece, è importante notare come quest’anno ci sia stato un numero di gran lunga superiore al solito di raccolte poetiche, quasi che il periodo difficile che abbiamo vissuto ci abbia, collettivamente, riavvicinato ad un genere che più di qualsiasi altro, spesso con la virtù della sintesi, riesce ad accendere con immediatezza sentimenti, ricordi, emozioni.

Infatti, oltre alle raccolte segnalate da Matteo di cui parlerò tra poco, Fernanda Sacchieri ha segnalato Anne Michaels con Quello che la luce insegna, che come vedremo è uno dei testi che ha suscitato maggiore interesse, mentre Chiara Manni ci ha inviato raccolte di Rimbaud e di Esenin e Anna Pittarella ci ha inviato una poesia tratta dalla raccolta della Bottarelli dal titolo Ho riscoperto il profumo della mia pelle (poesie che descrivono il lungo percorso di guarigione da un tumore dell’autrice) e la vincitrice del concorso delle recensioni, Rita Bompadre, ha vinto recensendo solo opere di poesia.

Matteo, come dicevo, ha segnalato due raccolte: D. Campana e M. G. Calandrone, Preferisco il rumore del mare e U. Ali, Bilancio interiore. Il testo più visto è quello di Campana.

Come forse ricorderete Dino Campana, autore dei Canti Orfici, consegnò a Papini e Soffici l’unica copia del proprio manoscritto e quelli pensarono bene di perderla, forse non potendo immaginare che uno fosse così folle da privarsi della propria unica copia. A quel punto Campana riscrive completamente a memoria l’opera, non la dà più a nessuno e se lo pubblica da sé nel 1914. Sibilla Aleramo leggendo la raccolta si innamora perdutamente dell’autore col quale avrà una breve e intensa relazione, terminata la quale, qualche anno dopo, Campana accetta di essere internato in un manicomio con la diagnosi di Ebefrenia, che è una variante della schizofrenia. Il breve componimento che Matteo ci ha inviato è questo:

Fabbricare fabbricare fabbricare

Preferisco il rumore del mare

Che dice fabbricare fare e disfare

Fare e disfare è tutto un lavorare

Ecco quello che so fare

Il concorso, infine, dedicato alle recensioni nel suo primo anno di vita ha raccolto 13 recensioni e ha visto la vittoria di Rita Bompadre con la recensione della raccolta poetica di Filomena Ciavarella dal titolo Versi per l’invisibile. Chi desidera leggere tutta la recensione evidentemente può farlo facilmente alla pagina dedicata sul nostro sito. Qui per esigenze di tempo ricordiamo solo questo passaggio:

“Una poesia dedicata al raccoglimento nella concentrazione del silenzio e nella benedizione degli avvenimenti privati, dove la parola diventa la forma di comunione assoluta con i legami vitali più duraturi. Il fine universale e sensoriale delle poesie di Filomena Ciavarella rafforza la percezione della libertà creatrice e mantiene la stabilità delle sensazioni nell’azione immanente dell’agire in nome dei desideri per superare gli ostacoli.”

Dopo aver celebrato i vincitori e le loro segnalazioni, approfitterò ancora della vostra pazienza per darvi conto da un lato dei libri che hanno avuto più riscontro in queste due edizioni e dall’altro di quei titoli che mi hanno maggiormente incuriosito.

Tra i libri i cui post sono stati maggiormente visti e letti abbiamo già detto che quello con maggior riscontro è stato La tenda blu di Niccolà D’Aquino. Il secondo è stato Lo sguardo di marmo di Fabio Giuccioli, Lo sguardo di marmo segnalatoci da Paola De Agostini.

Giuccioli, milanese, ci racconta una storia antica e ci ricama sopra. Siamo, infatti, a Milano nel 1684. La dominazione spagnola è ormai allo stremo, la città vive gli ultimi anni del secolo in uno stato di torpore che affligge le arti e i mestieri, deprime le attività mercantili, favorisce la delinquenza e l’immiserirsi del popolo. Da anni non si costruisce più niente che porti fama e lavoro alla città. Anche il Duomo, emblema della capacità dei milanesi di coinvolgersi tutti, come popolo, nella costruzione di una casa comune a gloria di Dio e della Vergine Maria, aspetta ancora una facciata, dopo tre secoli dalla posa della prima pietra. A maggio, per volontà dell’arcivescovo Federico Visconti, è indetto un concorso per il completamento della cattedrale. Tre illustri architetti, Aristide Antonazzi, Lorenzo De Montis e Gianmaria Riccobono, il più giovane, si contendono la vittoria. Hanno poco tempo per presentare i progetti al sovrintendente della Veneranda Fabbrica del Duomo, Carlo Magnaghi, che li valuterà con Jean de Beaune, architetto belga, esperto in calcoli strutturali. Il vincitore, oltre alla fama eterna, guadagnerà mille ducati. I tre si mettono al lavoro e, ben presto, tra rivalità, invidie e sospetti, si trovano a fare i conti, oltre che con le proprie personali miserie e i propri vizi, anche con un insospettabile comune nemico che metterà in pericolo l’impresa e la loro stessa vita.

Come sentite una trama che prendendo spunto dall’annosa questione della costruzione del duomo e in particolare della sua facciata (che per inciso terminò solo nel 1805) immagina una gara con relative invidie e intrighi mai realmente esistiti, ma fascinose e verosimili come la letteratura di questo genere sa fare.

Per avviarci a conclusione e parlare dei libri che mi hanno più incuriosito, dopo aver ricordato che in queste due edizioni abbiamo raccolto segnalazioni di moltissimi best seller (Auci, Tuti, Corona, Rooney, Saviano, Di Pietrantonio, Pitzorno, McEwan e molti altri) e di libri noti e meno noti di autori che siedono da tempo nell’olimpo della letteratura (per citarne solo Mann, Tolstoj, Hugo, Canetti), mi sono segnato i seguenti titoli.

Nel grande comparto delle storie strane, bizzarre e per ciò stesso affascinanti inizio con Saramago di Le intermittenze della morte segnalato da Silvia Montefoschi. L’idea che la morte da un certo punto in poi si astenga dal lavorare e poi venga richiamata a gran voce e che dato il gran lavoro agisca per posta mandando comunicazioni di decesso a chi poi deve morire mi pare degna del grande scrittore portoghese. Di argomento vagamente simile, la morte, è il libro segnalato da Marco Grando (Cuori Vuoti) nel quale Zeh, l’autore, immagina in un futuro lontanissimo nel tempo, il 2025, che in Germania governi una coalizione ultrasovranista e che, contemporaneamente e segretamente, agisca anche una cellula di terroristi che cerca aspiranti suicidi ingannandoli inizialmente con l’offerta di servizi di counseling. Io che mi sono sempre chiesto cosa servisse il counseling qui ho trovato una possibile risposta. Così come appartiene sempre al comparto stranezze, anche se qui la morte non c’entra, il romanzo di Daniele Scalese, segnalato da quattro diversi lettori (Gabriella Gemmino, Claudia Tittolo, Massimo Sisto ed Enrico Radaelli), dal titolo Le streghe, nel quale si raccontano le gesta di un novello Faust impersonificato dall’esuberante, di testa e di sedere, professor Marcello che in quel di via Padova a Milano cerca di emulare il proprio vicino di casa, il fascinoso scrittore Guido: per farlo avrà bisogno dell’aiuto delle streghe del parco Trotter.

Ma sono bizzarre ancorché vere le storie di due nostri compatrioti il cui unico elemento comune è la provenienza da quella fucina di matti, mi si perdonerà, che è l’Emilia Romagna. La prima è la biografia inviataci di Elena Torta di Felice Pedroni, cercatore d’oro dell’Appennino modenese, emigrato in Alaska e scopritore di un giacimento aurifero così grande da aver portato alla fondazione e crescita di una nuova città, Fairbanks, dove poi è morto. La seconda è il romanzo di Emanuel Carnevali dal titolo Il primo dio, che ci ha mandato Ramsis Bentivoglio: ebbene qui la stranezza sta nell’autore, Carnevali, bolognese, poeta e scrittore, emigrato negli Stati Uniti, dove conosce e diventa amico dei grandi: Ezra Pound, William Carlos Williams, Sherwood Anderson, Robert McAlmon lo accolsero come uno dei loro e con ammirazione inclusero subito alcuni suoi testi nelle loro antologie e riviste. Carnevali scriveva in inglese, la sua unica lingua era quella dell’esilio, e portava così nella poesia americana un soffio selvatico, di cui fu avvertita la novità. Il suo destino fu tragico: nel 1922 fu colpito da encefalite e dovette tornare in Italia. Trascorse in un ospedale vicino a Bologna gli ultimi anni della sua vita, e lì ancora lo raggiungevano le lettere dei suoi amici americani.

Altrettanto particolare è la storia narrata da Winchester nel Il professore e il pazzo, romanzo che ci ha mandato Paola Domenichini: un bel giorno il professor James Murray della Philological Society di Londra e direttore editoriale dell’Oxford English Dictionary decide di andare a conoscere di persona chi sta contribuendo con maggiore assiduità e vastità di conoscenze alla redazione del dizionario, il signor Minor. Peccato che il signor Minor non sia il direttore del manicomio da cui provenivano tutte le contribuzioni, ma un pazzo omicida colà rinchiuso. W.C. Minor, infatti, medico militare e vittima di una gravissima sindrome paranoide aveva ucciso un passante e adesso era rinchiuso in una cella dove gli era stato concesso di trasferire la sua collezione di libri antichi con i quali, per diletto, contribuiva alla mastodontica impresa.

Sempre allo stesso genere appartengono di diritto anche due ultime storie: la prima segnalataci da Laura Frera è quella di un treno organizzato dal partito comunista nell’immediato dopo guerra per aiutare, e qui ovviamente le opinioni potrebbero essere diverse, ancorché lo scopo dichiarato fosse quello, le famiglie del sud che non potevano mantenere i propri figli. Chi voleva poteva darli in affido a famiglie del nord. Su quel treno partirono molti, compreso il protagonista del libro della Ardone Il treno dei bambini. L’altra narrata da Faggiani in Non esistono paesi lontani (Simone Vaccarino è il concorrente che ce l’ha mandata) racconta della rocambolesca traversata dell’Italia da Bressanone fino a Ischia di una camionetta della Croce Rossa piena di capolavori artistici che i tedeschi avevano cercato di trafugare dall’Italia.

Le segnalazioni che mi hanno sfrucugliato non appartengono solo al genere che qui ho chiamato stranezze, ma per esempio anche a quello dell’amore, dove domina nel mio personale gusto il romanzo che ci ha inviato Susanna Piccoli dal titolo Il pozzo, la cui autrice, Ezera, da noi poco nota pare essere una autrice cult nei paesi baltici: storia di un amore impossibile, il cui maggior pregio, capisco, è riuscire a farci vivere la magia di quella natura.

E se dall’amore passassimo al matrimonio, con passaggio che a qualcuno, specie dopo aver letto i testi che adesso andremo a ricordare, potrebbe sembrare azzardato, come non ricordare i racconti di Colette da titolo La donna celata inviati da Lorenza Rappoldi , oppure l’ironico e divertente Ascoltate il matrimonio di Osborn che ci ha mandato Marco Grando.

Il concorso, però, non è stato solo romanzi, storia e storie o fantasia ma anche attualità, viaggi, gialli e, come avrete capito, tanto altro.

All’attualità ascrivo tra i tanti quattro libri: l’inchiesta di Aleksievic intitolata Preghiera per Chernobil, che ci ha segnalato Marco Grando (che, come avrete intuito, è un signore che partecipa molto a Prima i Lettori); il testo di Rashid dal titolo Talebani, la raccolta di contributi sul Medio Oriente e non solo dal titolo Il trono di sabbia, entrambi inviatici da Marco Cortini e, infine, il romanzo indiano inviatoci da Giusi Lo Russo dal titolo Un perfetto equilibrio, nel quale l’autore, Rohington Mistry, racconta dell’India degli invisibili di Bombay, oggi Mumbai, ma iscrivo anche i libri segnalati da Teresa Cattaneo e da Valeria Aloi: Teresa ha segnalato di Ossini Il cammino della semplicità, un percorso attraverso la natura per ritrovare se stessi, mentre Valeria ci ha mandato il romanzo della Moretti Il guscio della noce, storia di violenza sulle donne, argomento di attualità quale nessun altro mai, ahimé. 

Tra i viaggi, invece, bellissimo è Europa 33 di Simenon che ci ha mandato Paolo Pomodoro, raccolta degli articoli che Simenon scrisse nel 1933 durante un lungo viaggio nell’Europa dell’est e non solo, ma anche quella sorta di trilogia che ci ha inviato Lorenza Rappoldi indicandoci i tre testi che hanno come autrici e autore la Scharzenbach, la Maillart e McCullers: qui il tratto comune è la presenza sempre della Scharzenbach, austriaca, donna libera quanto mai che prima della grande guerra viaggia nel medio oriente in compagnia della Maillart e poi finisce negli Stati Uniti a far innamorare di sé perdutamente l’esordiente McCullers.

E sempre ai viaggi è da iscriversi il testo di Rumiz dedicato alle nostre montagne, La leggenda dei monti naviganti, col quale Paolo Coletti, che ce lo ha segnalato, ci porta in un viaggio di ottomila chilometri dal golfo del Quarnaro (Fiume) a Capo Sud (punto più meridionale della Penisola). Nel viaggio trovi valli dove non esiste elettricità, grandi vecchi come Bonatti o Rigoni Stern, ferrovie abitate da mufloni, case cantoniere e paracarri da leggenda, bivacchi sotto la pioggia in fondo a caverne, santuari dove divinità pre-romane sbucano continuamente dietro ai santi del calendario. Un’Italia di quota, dove la tv sembra raccontare storie di un altro pianeta.

Tra i gialli, ricordate solo di passaggio le varie segnalazioni di opere di Camilleri, De Giovanni e Carofiglio, quella che mi è parsa più interessante è stata quella di Rosa Ghislandi dal titolo L’ombra del campione nella quale il commissario De Vincenzi, già protagonista dei gialli di culto firmati, a cavallo tra i Trenta e i Quaranta, dallo scrittore Augusto De Angelis, deve fare i conti con l’anima più profonda di Milano, quella che trema ai boati di bombe attribuite agli anarchici e sogna dietro alle magie del suo Peppìn, l’eroe dell’Ambrosiana, registrato all’anagrafe col nome di Meazza Giuseppe.

Un’ultima stranezza che è successa quest’anno è quella che due concorrenti molto attivi, come Grando e Rappoldi, hanno segnalato due opere diverse di una scrittrice americana poco nota ai più, nonostante in vita abbia vinto alcuni importanti premi letterari. Si tratta di Lucia Brown Berlin, nata in Alaska e vissuta in gioventù in Sud America al seguito del padre ingegnere minerario e poi, da adulta, negli Stati Uniti. Marco Grando ci segnala la raccolta La donna che scriveva racconti, mentre Lorenza Rappoldi ci manda Welcome home, libro autobiografico.

Per terminare, tornerei alla poesia con la terza segnalazione maggiormente vista quest’anno.  Ce l’ha mandata, come già ricordato, Fernanda Sacchieri ed è Quel che la luce insegna della poetessa canadese Michaels. La poesia più letta quest’anno è quindi questa:

Una famiglia è uno studio di zolle tettoniche,scorrimento e pieghe.

Qualcosa dentro slitta; improvvisamente siamo più vicini o separati-

Ci sono cose che fratelli e sorelle sanno –

quel genere di dettagli che usano le spie

per provare la loro identità –

paure che scivolano dentro l’erba alta dell’infanzia,

cose che saettano fuori più tardi; e piaceri come tucani,

il loro splendore che tira giù i rami.

Chi se non un fratello chiama da un altro emisfero

per leggere un passo che descrive quello strano

tratto nell’evoluzione, quando i rettili sembravano

<<tavolini da salotto coperti di pelle di coccodrillo>>,

adolescenti dell’evoluzione, un <<caso grave di tremarella

durante il massimo splendore dei terapsidi>> –

ricordando che quelle erano creature che amavamo di più,

con arti massicci e dorsi come vele.

La memoria è selezione cumulativa.

E’ un cavo sottomarino che connette un continente

a un altro,

elettrico nella salsedine nera della distanza.

Il verso la memoria è selezione cumulativa mi ha molto colpito perché questo concorso con le sue innumerevoli segnalazioni è una selezione cumulativa che ogni anno ci aiuta a ricordare quanto sia non solo importante, ma bello leggere, quante personalità abbiamo conosciuto leggendo personaggi inventati certo, ma inventati così bene da essere diventati compagni di vita, quelli di cui citiamo le frasi e ricordiamo vizi, abitudini, espressioni.

Leggere ci conduce in altri mondi e in qualche modo è, come sapeva bene Salgari, un succedaneo del viaggiare, ma anche meglio e di più perché leggendo entri nelle case di chi quei posti abita, conosci i loro segreti, capisci come ragionano e vieni a conoscenza delle loro storie. Come in un viaggio anche molto lungo in quegli stessi posti non potresti mai fare e da questo punto di vista partire per un viaggio senza aver letto una buona dose di letteratura di autori locali è un azzardo o forse solo un peccato. Capiremo meno, peccato. Anche se poi tornati a casa potremo sanare questa manchevolezza.

Per tutto questo io leggo, voi leggete ed è per questo, immagino, che siamo qui.

La decima edizione inizierà come l’anno scorso dal primo dicembre e sarà sempre strutturata in tre sezioni. La libera che porterà al lettore o alla lettrice dell’anno, quella delle recensioni e quella delle fotografie.

Quest’anno ho pensato di far seguire alla raccolta in rete delle varie segnalazioni anche tre incontri fisici con relative bevute. Uno penso a gennaio, uno a fine marzo e uno a fine maggio o inizio giugno così da commentare i testi che verranno man mano inviati. Conto sull’aiuto di tutti e sul vostro immancabile passaparola. Noi leggiamo. Facciamo leggere anche gli altri coinvol