Da Stefano Piantini fuori concorso riceviamo la recensione di D. DeLillo, I nomi.
Occorre una premessa, il Mondo è stato creato, dice la Bibbia, con la Parola, il Logos.
Il potere della Parola è davvero immenso.
Verso la fine degli anni ’70 (ai tempi della rivoluzione islamica e della crisi petrolifera) il protagonista, un Analista del Rischio americano, elabora notizie sulla situazione geopolitica in Medio Oriente per una Compagnia ovviamente americana.
Da Atene, dove vive, parte per incontrare la moglie e il figlio che vivono in una piccola isola delle Cicladi. La moglie è una archeologa e lavora agli scavi, antichissimi. A Kouros (l’isola non esiste, ma il Kouros, i.e. Ragazzo, è una statuaria tipica della greca arcaica) il nostro viene a conoscenza di un delitto rituale, di una catena di delitti legati a un mistero, a una setta oscura, che uccide sulla base dei Nomi del luogo e delle loro connessioni con la vittima. Non dico di più.
Dallo splendore delle Cicladi, sino a un Peloponneso spettrale e all’Oriente, James Axton segue le tracce dell’enigma sino allo svelamento, svelamento alla DeLillo.
Un romanzo geniale sul potere e sulla magia del linguaggio. Pubblicato in USA nel 1982.
In Greco Antico I Nomi si scrive Τα ὄνομα e si pronuncia Ta Onomata (accento sulla “O”) si sente la potenza solo a pronunciare la parola, appunto.
Dalla presentazione dell’editore:
Fine degli anni Settanta: è il periodo della rivoluzione islamica in Iran, della crisi energetica, dei sequestri terroristici. James Axton, un americano che svolge analisi di rischio per una compagnia assicurativa, si occupa di dare notizie sulla situazione geopolitica in Medio Oriente. Dal suo ufficio di Atene va a trovare la moglie e il figlio che vivono in un’isoletta dell’Egeo. Qui Axton viene a conoscenza di un omicidio rituale, forse l’ultimo anello di una misteriosa catena di delitti. E inizia a indagare, seguendo le tracce di una setta misteriosa, che lo affascina. Dalla Grecia la vicenda si snoda attraverso un emozionante viaggio in Oriente. Un thriller che evoca il potenziale magico del linguaggio.