Da Fernanda Sacchieri riceviamo M. Kundera, L’identità.

“Per fare in modo che l’io non rimpicciolisca, che mantenga immutato il proprio volume, bisogna annaffiare i ricordi come dei fiori in vaso e tale operazione richiede un contatto regolare con i testimoni del passato – ossia con gli amici, che sono il nostro specchio, la nostra memoria. Da loro non pretendiamo altro se non che, di tanto in tanto, lucidino quello specchio perché noi ci si possa guardare dentro.”

Dalla presentazione dell’editore:

Vi sono situazioni in cui per un istante non riconosciamo chi ci sta accanto, in cui l’identità dell’altro si cancella, mentre, di riflesso, dubitiamo della nostra. Questo avviene anche all’interno di una coppia – anzi, soprattutto in una coppia, perché chi ama teme sopra ogni altra cosa di «perdere di vista» l’essere amato. Con la sua arte stupefacente della dilatazione e variazione dell’attimo significativo, Kundera ha fatto di questa situazione, con il vago senso di panico che ad essa si accompagna, il tessuto stesso del suo nuovo romanzo. Qui la brevità si congiunge all’intensità e un istante di smarrimento segna l’avvio di una vicenda labirintica nel corso della quale il lettore sarà costretto a varcare più volte la frontiera fra il reale e l’irreale – o fra ciò che accade nel mondo esterno e ciò che una mente elabora in solitudine. Soltanto Kundera, fra gli scrittori di oggi, poteva riuscire a trasformare una percezione così segreta e sconcertante in materia romanzesca e a farne uno dei suoi libri più alti, dolorosi e illuminanti. E infine, a sorpresa, un romanzo d’amore.